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Emergenza Mediterraneo: un mare di plastica

I latini lo chiamavano “Mare Nostrum”, un modo per sancirne il dominio ma anche per sottolinearne l’importanza vitale e strategica. Oggi il Mediterraneo rimane altrettanto importante ma, come spesso accade all’ambiente che ci circonda, gli riserviamo un trattamento imperdonabile.
Scopriamo di più sul problema della plastica nel Mediterraneo.
Invasione della plastica nel Mediterraneo: qualche dato
Nel mare di casa nostra finiscono ogni anno un totale di 1,2 milioni di tonnellate di plastica. Molte delle quali provengono proprio dall’Italia. È quanto emerge dai dati dell’International Union for Conservation of Nature (Iucn), che è arrivato a definire il Mediterraneo un “Mare plasticum”, sottolineando come Italia, Egitto e Turchia da sole siano responsabili del 50% dei rifiuti plastici che galleggiano nelle nostre acque.
Cosa fanno i rifiuti in mare?
Un problema che non è solo del Mediterraneo ma che interessa tutti i mari del mondo, dove in alcuni casi i rifiuti tendono ad accumularsi dando vita a delle vere e proprie isole di plastica.
Fortunatamente nel Mediterraneo non esistono ancora atolli di questo tipo ma la situazione è tutt’altro che sotto controllo.
Ad esempio tra l’Isola d’Elba e la Corsica, a periodi alterni, la corrente spinge tonnellate e tonnellate di rifiuti in un unico tratto di mare che si estende per decine di chilometri. Un fenomeno che dura per qualche settimana fino al mutare delle correnti.
Plastica nel Mediterraneo: le conseguenze per l’uomo
Se non verranno adottate misure drastiche, fenomeni come questi sono destinati a moltiplicarsi. Secondo lo Iucn1 la quantità di plastica nel Mediterraneo è destinata a crescere del 4% ogni anno a meno che non si metta in piedi un processo di smaltimento molto più efficace di quello attuale. Anche perché la plastica nel Mediterraneo non rappresenta solo un pericolo per l’ecosistema marino ma costituisce un vero e proprio attentato alla nostra salute.
La plastica che abbandoniamo in mare tende a parcellizzarsi, diventando microplastica, che finisce per essere ingerita da pesci (come sardine, acciughe e boghe) che, a loro volta, arrivano sulle nostre tavole. Un cerchio autolesionista che si chiude nel peggiore dei modi.
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Redazione a cura di NonSprecare
1 Fonte: Iucn